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Hunger Games: Il Canto della Rivolta (Parte 2) – Recensione

La rivoluziona riguarda tutti noi!”

 

 

Arriva la seconda parte del capitolo finale della saga cinematografica in quattro parti di Hunger Games, presa dai tre libri scritti da Suzanne Collins. Se avete notato una discordanza tra i numeri, beh, ringraziate Harry Potter: ormai dividere in almeno due parti il finale di una saga è prassi consolidata. Sicuramente questo non fa bene alle “Parti 1” (generalmente vuote e noiose, usate come cuscinetto in attesa del gran finale). Ma una volta giunti alla Parte 2, possiamo dire che ne è valsa la pena?

 

Come fan, sul piano personale, del genere sci-fi distopico e dell’attrice protagonista, Jennifer Lawrence, mi sono preposto di non lasciarmi prendere, sul piano professionale, da facili entusiasmi. Hunger Games è l’anello di congiunzione nella catena delle ispirazioni tra Battle Royale, che di certo ha fruito della fama del suo figliolo illegittimo, e Divergent, che del suo patrigno spirituale dovrà inevitabilmente raccogliere l’eredità cinematografica. Eppure, con tutta la popolarità che i libri della Collins e i relativi film si sono guadagnati nel tempo, la saga ha sempre dato l’impressione di poter dare di più, sia su carta che su pellicola. Il mio desiderio di vedere quest’ipotesi realizzarsi con l’ultimo film non doveva offuscare il mio giudizio. Mi ero preparato.

 

 

Invece Il Canto della Rivolta Parte 2 mi ha sorpreso. E parecchio. Il film mostra di avere le palle fin da subito. Ben scritto, ben girato. Scelte registiche e narrative coraggiose, soprattutto per un brand ormai di fama globale. Mi aspettavo “il solito film per tutti”, ma non lo è. Accontenta tutti, sì, ma non vizia nessuno. Senza fare spoiler, vi garantisco che ci sono sequenze che vi sorprenderanno, spaventeranno, angosceranno, divertiranno, e non saranno neanche poche! Visivamente, assisterete a idee disturbanti e stupefacenti allo stesso tempo. Insomma, per buona parte del film ho avuto l’impressione che il miracolo stesse avvenendo davvero.

 

 

 

Alla fine dei giochi però, alcuni dei difetti del libro sono emersi anche su grande schermo. Uno di questi poteva essere era l’inizio lento dell’ultimo libro, ma a questo ha pensato Il Canto della Rivolta Parte 1. Evitato quel proiettile, il film ha dovuto affrontare gli altri problemi dell’opera cartacea della Collins.

 

Innanzitutto, il triangolo d’amore. Non fraintendetemi, la trama sentimentale di Hunger Gamesha tante potenzialità in più rispetto a moltissimi altri libri/film del suo genere. C’è anche qualche colpo di scena particolarmente azzeccato, che acuisce il conflitto in modo originale. Su tutti, Peeta mentalmente ricondizionato (non ci provate, è il finale del Canto della Rivolta Parte 1, il muro anti-spoiler regge ancora). Il problema è che non tutta la querelle amorosa è altrettanto azzeccata. A volte, la situazione sembra più “imbarazzata” che “sentita”, e l’emozione che suscita con maggiore forza è il disagio. Questo va benissimo, anche perché se ne percepisce la volontarietà, ma bisogna saper suonare anche altre corde per comporre un’armonia più completa. Altro punto critico è che i problemi di cuore Katniss non sembrano riuscire bene a fondersi con il suo obiettivo di sconfiggere il proprio nemico, il Presidente Snow, un Donald Sutherland come sempre in formissima, e liberare per sempre i Distretti dalla morsa di Capitol City. Un film d’azione e d’amore può raccontare entrambi i propri volti senza sacrificarne alcuno, ma deve saperli presentare come uno solo.

 

Ultimo ma non meno importante difetto della pellicola, anch’esso ereditato dal libro, è la fase finale. Il che, non volendo anticipare assolutamente nulla a chi non ha almeno già letto i libri, rende molto complicato l’onere del recensore. Limitiamoci a dire che alcuni punti di svolta del libro sono raccontati in modo anticlimatico. Un libro può giocarsi colpi di scena anticlimatici con più tranquillità di un film, perché ha un numero potenzialmente illimitato di parole con cui ricostruire tutta la tensione e il pathos di cui necessita. Un film no. Quindi, in alcuni di quei momenti, Il Canto della Rivolta Parte 2, invece di usare qualche trucchetto cinematografico e prendersi qualche licenza, segue fin troppo pedissequamente il libro e fatica a far rimontare la tensione tanto preziosamente accumulata, e tanto a lungo mantenuta, dopo averne sprecata in abbondanza. E poi il film soffre della sindrome da Ritorno del Re, o morbo del finale quadruplo.

 

 

Bene. Abbiamo parlato, lungamente e criticamente, di tutti i difetti. Occhio però, perché tali sono i difetti che separano quest’ultima pellicola di Hunger Games dal rango di capolavoro, niente di meno. Fatta eccezione per essi, è un gran bel film, molto avanti rispetto a tutti i suoi predecessori. Forse il suo miglior pregio è che lo stile di regia, della fotografia, il ritmo e tutto il resto, invece di appiattirsi, schiacciati dal peso del successo stratosferico ormai garantito, si sono mantenuti integri in tutta la loro crudezza e originalità, dando ancora quella sensazione da film semi-indipendente, solo con tanti soldi in più. E i soldi, quando li si usa con sapienza, sono sempre e comunque un bene. Indubbio merito al regista, Francis Lawrence.

 

 

Non rimane che parlare, e parlare bene, degli attori. Grande prova da parte del cast ampio e variopinto. I personaggi sono tanti, e qualche bella sorpresa arriva proprio dai non protagonisti: tra questi in particolar modo Jena Malone, Natalie Dormer, Sam Claflin e Elden Henson, dispiace non averli visti di più. Del grande Donald Sutherland abbiamo già detto. Liam Hemsworth e Josh Hutcherson, i due rivali in amore, hanno forse troppo poco spazio per brillare, così come Woody Harrelson, ma nessuno dei tre sfigura. Completano il quadro le due donne ai poli opposti: Julianne Moore e Jennifer Lawrence. Quest’ultima, anche nei panni di Katniss, mostra di saper comunicare le emozioni sia quando sono represse, sia quando esplodono, con qualche momento quasi difficile da digerire, per la sua carica emotiva. Anche l’ormai defunto da tempo Philip Seymour Hoffman, grazie alle magie del montaggio, ci regala un’ultima validissima interpretazione.

Insomma, Hunger Games Il Canto della Rivolta Parte 2 è un degno ultimo “fischio” della Ghiandaia Imitatrice. Fino a due terzi la pellicola sembra non sbagliare un colpo. Poi qualcosina viene fuori, ma sono inezie per i più appassionati e, anche per i meno, niente che guasti quel che rimane nonostante tutto un bel film. Dopotutto è il migliore della saga.

 

Alla prossima recensione ragazzi!

Gabriele

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